Negli ultimi giorni si è molto parlato di quello che è successo nella città di Terni: il sindaco Leonardo Latini ha rilasciato un’ordinanza per vietare “minigonne e scollature” alle donne per le strade principali del comune. Una polemica a livello nazionale è scoppiata e molti membri di altri partiti, soprattutto di centrosinistra, hanno chiesto addirittura le dimissioni del sindaco leghista. Sarei anche d’accordo con loro, se le cose stessero davvero così.
Per iniziare, chi ha riportato la notizia? Tutti i giornali maggiori, da “La Stampa” alla “Repubblica”. Siamo abituati a pensare che una testata giornalistica conosciuta riporti notizie sempre vere. Ma ricordiamoci in che epoca viviamo: il vero giornalismo è morto, ha lasciato il posto a qualcosa che non può essere definito tale; i “giornalisti” contemporanei non cercano più la verità, piuttosto puntano a stupire e indignare il lettore ignorante e credulone. E devo ammetterlo, io sono uno di questi, mi dico ogni volta che non ci ricadrò più ma è quasi inevitabile. Di fatto stiamo parlando di una di quelle tante amate e carissime fake news: nell’ordinanza di Latini non si fa nessun riferimento a quale capo d’abbigliamento non si possa indossare; lui stesso ha affermato che non si riferiva a minigonne o scollature, piuttosto al divieto di mostrare nudità per adescare potenziali clienti.
L’ordinanza vieta «l’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione.» Non c’è nessuna traccia di “minigonne o scollature”. Ma questo non ha fermato La Stampa dal pubblicare un articolo intitolato «Terni come Kabul, vietate minigonne e scollature: per il sindaco sono simboli di prostituzione». Almeno si sono trattenuti dallo scrivere «leghista» accanto a «sindaco» come ha fatto Repubblica. Capite com’è facile cadere in inganno? Pure io ci avevo creduto, per fortuna un altro articolo sull’argomento mi ha aperto gli occhi sulla questione. Pensate che la maggior parte del testo dell’ordinanza è stato letteralmente copiato da provvedimenti di altri comuni italiani, governati sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Addirittura questo decreto non è altro che una riproposizione di un testo identico risalente a luglio dell’anno scorso, sono solo state aggiunte altre vie in cui vige il divieto. Allora perché la notizia ha fatto così tanto scalpore? Perché tutto questo è successo in un momento particolare e, soprattutto, perché il sindaco Latini fa parte della Lega.
Ma come siamo arrivati fino a tanto? Come siamo arrivati a giudicare una persona solo per l’orientamento politico? Non è affatto onesto fare una cosa del genere, come se il partito di appartenenza fosse un segno zodiacale, e quindi si identificasse interamente con il nostro carattere e il nostro pensiero. Ricordiamoci che il Ddl Zan non è stato bocciato solo dal centrodestra, ma probabilmente anche da membri del centrosinistra (non si sa chi sia stato perché la votazione è stata anonima). In tutto questo il sindaco Latini è apparso agli occhi di tutti come un esponente del maschilismo rimasto al Settecento, quando invece ha iniziato una campagna contro la prostituzione per strada (in Italia è legale offrire prestazioni sessuali in cambio di denaro, tuttavia non viene riconosciuto come lavoro e “sponsorizzare” la propria attività in pubblico è tutt’altro che lecito).
Pensandoci bene, a fare la figura dei misogini sono stati proprio tutti i giornali e le figure politiche che hanno contestato la decisione del sindaco Latini: nel testo non si fa alcun riferimento alla figura della donna, il divieto è esteso a chiunque, siano uomini, donne, persone transessuali e così dicendo. E se vedendo “abbigliamento indecoroso” hanno pensato subito ad abiti femminili, forse quelli con cui prendersela sono proprio loro. L’ignoranza ci rende ciechi anche di fronte all’ipocrisia. Bisogna essere sempre scettici e dubitare di ogni cosa finché non ne conosciamo abbastanza, per essere poi in grado di esprimere un nostro giudizio critico e non cadere in tranelli di questo genere.
Antonio Lentini 4N
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