
Il concetto di cultura è così ampio che trattarlo senza incappare in frasi inconcludenti o, peggio ancora, contraddittorie è quasi un’impresa.
Per questo motivo, è necessario definire “cultura” come l’insieme di idee ed esperienze che concorrono ad arricchire la nostra capacità di giudizio e formare una personalità unica ed individuale.
Saranno escluse dunque tutte le competenze settoriali e lavorative se hanno come fine unico la capacità di svolgere un lavoro.
Credo che il valore della cultura, concepita come arte fine a sé stessa, sia stato narcotizzato da una condizione di disinteresse diffusa tanto tra i giovani quanto tra le generazioni più anziane, seppur per motivi diversi.
Se è vero che larga parte dei “post-millennials” già digerisce a fatica le nozioni scolastiche essenziali, è da notare che i nostri superiori (anagraficamente, si intende) si siano barricati dietro l’ideale di un metodo di studio oramai superfluo e, ignari dei nuovi metodi di apprendimento, giudicano lapidariamente un mondo che non va più al loro passo.
Inoltre, chi dovesse affacciarsi all’immenso mondo della cultura tende a focalizzarsi solo sul campo di studi inerente ai propri desideri lavorativi. Penso che per la maggior parte dei lettori un bancario non abbia bisogno di conoscenze scientifiche, come a notaio non necessita di sapere le cause scatenanti della Prima guerra mondiale. Se riflettiamo, però, sulla storia della cultura ci rendiamo conto che il sapere è sempre stato universale e una specializzazione di quest’ultimo non può esistere senza una base enciclopedica.
L’opinione sociale ha già etichettato tutti gli interessi che si discostano da un canone (parlando della nostra generazione, la norma è essere interessati al mondo del lusso o alla vita sociale nel senso più mondano e superficiale del termine) come segno distintivo delle persone da evitare. Ciò che viene spesso ignorato è che la cultura aiuta la formazione della nostra personalità e, specialmente negli adolescenti, nasconderla ci impedirà di poter marcare un proprio carattere autonomo, scivolando nel tobogan dell’uniformità e dell’omologazione.
Tutto ciò porta al proverbiale “sonno della ragione”, il peggior male per ogni mente fervida e il maggior desiderio di chiunque voglia utilizzarla. Perseguite attivamente e ferocemente tutto ciò che cattura la vostra attenzione, alimentate la fame di conoscenza che vi muove.
Vivete per conoscere. “In un mondo che prigioniero è respiriamo liberi io e te” (Lucio Battisti; Il mio canto libero).
Illustrazioni di Flavia Caputa 1^C
Articolo di Giorgio Gagliardo, IV^G
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