Aristotele diceva: “L’uomo è un animale sociale in quanto tende ad aggregarsi con altri individui e a costruirsi in società”; per lui quindi l’essere sociali, il vivere in società, il relazionarsi con altre persone sta alla base della natura umana. E ora, cosa siamo? Confinati in casa o limitati dalle mascherine quando usciamo, abbiamo perso la nostra essenza, siamo individui che sopravvivono nella monotonia in un’interminabile attesa volta al tornare a vivere; ma quando si tornerà alla “normalità”, lo sarà veramente? È possibile mettere in pausa la vita e tornare a vivere dopo un anno soprattutto in un periodo di cambiamenti come quello dell’adolescenza? Ci sembrerà normale abbracciare un amico? La costante paura di contagiarsi e contagiare andrà via con l’iniezione di quel vaccino tanto atteso? A volte mi chiedo perché è stata assegnata proprio alla nostra generazione una prova così tanto ardua e non riesco a darmi risposta.
Avevo quindici anni quando mi sono addormentata in questo incubo; in quel periodo stavo iniziando a provare le prime emozioni vicine all’amore, sguardi intensi capaci di comunicare più di mille parole si sono trasformati, in meno di una settimana, in occhi spenti davanti ad uno schermo. È passato quasi un anno, di solito in un arco di tempo così tanto lungo per una ragazza della mia età cambiano molte cose, mi riguardo nello schermo, stessi occhi spenti.
Continuo a chiedermi quando tutto questo avrà fine, se quest’anno di vita che ci è stato portato via tornerà in qualche modo e ancora, dopo un anno, non sono riuscita a darmi una risposta. Non so se torneremo mai ad essere degli “animali sociali” o se abbiamo perso per sempre l’essenza propria dell’essere umano.
Io continuo ad avere speranza, continuo a ripetermi che torneremo esseri umani al più presto ma a tutto c’è un limite e sono stanca di questa situazione.
Voglio tornare a vivere. Lo vogliamo tutti.
Azzurra Chiarelli, III^C
Illustrazioni di Flavia Caputa I^C
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