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FRATTURE ALL'INTERNO DELL'UNIONE EUROPEA

Mario Spanò- Giorgio Gagliardo

 

Quello che sta succedendo in queste settimane a livello europeo ha dell’incredibile, quindi è importante analizzarne le cause. L’Unione Europea nell’ultimo periodo avrebbe dovuto notificare l’approvazione del bilancio europeo e, di conseguenza, del NextGenerationEU o Recovery fund, un piano economico molto importante per l’Europa, che già nella sua gestazione ha trovato delle difficoltà notevoli, con il braccio di ferro, avvenuto a Luglio, tra l’Italia (e la maggioranza dei membri europei) e i paesi frugali. Questo piano economico consiste in 750 miliardi (360 sotto forma di prestiti e 390 a fondo perduto) divisi tra i vari membri dell’Ue, tra i quali l’Italia è il più consistente beneficiario, ben 209 miliardi. Ma perché il bilancio non è stato approvato? In sostanza l’Europa, formulando l’accordo sul NextGenerationEU, ha inserito una clausola per cui la Commissione potrà bloccare l'erogazione dei fondi Ue a quei Paesi che non rispettano lo stato di diritto; questa condizione ha indispettito Viktor Orban e Mateusz Morawiecki, i leader rispettivamente dell’Ungheria e della Polonia, che potrebbero non ricevere i fondi del Recovery fund. Le domande che ci poniamo sono le seguenti: perché questi paesi hanno paura del blocco dell’erogazione del denaro? Due paesi europei non rispettano lo stato di diritto? Ebbene la risposta potrebbe sorprendervi.

I Paesi dell’Europa orientale, tra cui Polonia e Ungheria, ogni anno versano all’Unione Europea meno di quanto ricevono. Secondo i dati di Money.it, l’Ungheria ha incassato nel 2017 un guadagno netto di 3,229 miliardi di euro, la Polonia 0,505. Tutto ciò ha dato il via ad un’età dell’oro per questi Paesi, i cui meriti spesso sono stati attribuiti ai governi nazionali piuttosto che all’UE. I leader attuali, rei di aver limitato lo stato di diritto, sono in aspra disputa con l’UE sui temi dei diritti civili; l’Unione sta spingendo per un’Europa progressista, all’avanguardia sul tema dell’aborto, eutanasia, libertà di espressione, mentre Orban e Morawiecki vogliono mantenere la propria autonomia e dare un’impronta ultra conservatrice ai propri Paesi. Bloccare il Recovery Fund per questi Paesi rischia di essere una mezza misura e di non sortire nessun effetto. Quindi, se riconosciamo questi Paesi come simil-dittature (come è evidente che sia), andrebbero espulsi dall’Unione Europea. La decisione presa dalla commissione è un potenziale mezzo in mano ai governi nazionali per alimentare il sentimento popolare avverso all’Unione e accrescere il proprio consenso; a quel punto la narrazione di un’Europa ingiusta che nega i finanziamenti per dei paesi troppo scomodi e indipendenti regge e può persuadere i cittadini ad abbracciare questi ideali populisti. Ma non è detto che espellere questi paesi sia la soluzione ideale e giusta per l’Europa, per almeno tre motivi. Il primo è che questi paesi, come tutti le nazioni governate da simil-dittature, hanno al loro interno moltissimi cittadini con uno spirito liberale ed europeo e una uscita dall’UE sarebbe distruttiva per queste persone e l’Unione, nata per andare incontro all’interesse dei cittadini, non se lo potrebbe permettere. Il secondo è che l’uscita dall’UE comporterebbe, per paesi così piccoli e fragili, un avvicinamento a potenze estranee all’Unione, disposte ad appoggiare un governo populista e non liberista, come la Russia. Il terzo ed ultimo motivo è che, come abbiamo visto con l’Inghilterra, il processo di uscita di un membro dell’UE è un processo lunghissimo, che non porta a nessun tipo di sicurezza; basti pensare al caso in cui, durante il processo di uscita, uno dei due stati, o tutt’e due, ripristini lo stato di diritto, facendo cadere il governo.

L’argomento, come abbiamo visto, è molto complicato e intricato; di conseguenza è anche difficile dare giudizi, ma una cosa è sicura: l’Unione Europea si deve impegnare a essere il primo attore nella lotta ai governi non liberali e alle dittature, soprattutto in questo momento in cui si stanno espandendo sempre di più delle superpotenze senza un sistema democratico.


 

Giorgio Gagliardo, IV G

Mario Spanò, V E


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