Questa mia riflessione parte dalla lettura del libro “Dovremmo essere tutti femministi” di Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana. Nel 2012 è intervenuta col questo stesso discorso, trascritto poi nell’omonimo libro, in una conferenza TEDxEuston (https://www.youtube.com/watch?v=hg3umXU_qWc&t=1404s vi riporto qui l’intervento della scrittrice).
Il gioiello scritto dalla Adichie è considerato da molti il manifesto del femminismo (per buone ragioni, aggiungerei)e vorrei utilizzarlo come punto di partenza e di riferimento per dire la mia sul perché dovremmo essere tutti femministi.
Prima di tutto, come abbiamo spesso ribadito anche in questa stessa rubrica, le femministe si battono per la parità dei generi e non per la supremazia del sesso femminile, come spesso viene confuso. Già da questa premessa, mi chiedo sempre:” Com’è possibile che non si desideri un mondo basato sull’uguaglianza dei diritti umani, senza nessun tipo di distinzione?” Mi sono ritrovata della stessa opinione dell’Adichie quando dice che gli uomini sono minacciati dal femminismo. Ponendo la questione sul piano generale, le persone, in generale, sono intimorite dalle etichette ed è anche comprensibile. Vi faccio un esempio concreto per farvi capire quello che intendo: se avete promesso ad un amico di aiutarlo per un suo problema, facile e risolvibile o complesso e impossibile che sia, il suddetto si aspetta che voi lo aiutiate, proprio per la promessa che gli avete fatto. Se decidete di donare i vostri soldi ad un’organizzazione, quest’ultima ovviamente conta sul vostro impegno assiduo. Quello che voglio farvi capire con questi esempi è che spesso, quando ci immergiamo completamente in un impegno, quando ci diamo delle etichette, ci si aspetta da una parte invisibile e spettatrice un contributo. Come accennavo prima, gli uomini, quindi, approcciandosi al femminismo, potrebbero in qualche modo perdere la loro autostima per paura di non essere “naturalmente” al comando. Si rischia sempre di cadere nel generale intraprendendo questo tipo di discorsi; diciamo che molti uomini sono minacciati da questa idea, mentre altri semplicemente (a mio parere) non ci si approcciano inconsciamente.
Sulla copertina del libro viene riportata una frase, un insieme di parole che segna le basi di tutto, dell’ingiustizia, delle imparità:” Io vorrei che tutti cominciassimo a sognare e progettare un mondo diverso. Un mondo più giusto. Un mondo di uomini e donne più felici e più fedeli a sé stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli.”
L’educazione che ci viene data, sia per via intenzionale sia per frasi che carpiamo dai nostri genitori che le nostre menti innocenti assimilano per verità assolute, sta alla base di quelli che diverranno i nostri comportamenti e i nostri pensieri adulti. Ricollegandoci all’idea citata prima, per cui molti uomini non siano femministi a causa del loro inconscio, è proprio per il tipo di educazione che la nostra società ci impone. L’indifferenza è una delle cause più forti di disparità. Ai maschi viene insegnato che essere virili è ciò che li definisce veramente uomini. La virilità e la mascolinità (tossiche) sono gabbie che impediscono l’accesso alle emozioni che ci rendono maggiormente vulnerabili.
Noi donne, invece, fin da bambine siamo educate a stare sempre buone, a non mostrare mai la rabbia covata dentro di noi, perché non è una cosa che si addice a una femmina. Veniamo formate, plasmate, a mostrare sempre la versione migliore di noi stesse, da perfette bambole in vetrina di un negozio. Insomma, lo scopo è sempre quello di rivelarsi presentabile agli occhi di tutti, soprattutto a quelli maschili. In più, legato a questo fattore, si crea un ambiente di competitività naturalmente non sana e nemmeno paragonabile, per fare un esempio, alla competitività salutare che potrebbe svilupparsi invece per il conseguimento di un obiettivo tanto conteso da due donne. No, restiamo costrette e rinchiuse tra le sbarre di negatività.
Quand’ero bambina e alle elementari ci veniva posta la fatidica domanda:” Cosa volete diventare da grandi?”, molte delle mie compagne rispondevano:” La ballerina!”, “La maestra!” o “La principessa!”. Non c’è nulla di male a voler aspirare a queste professioni da grande (in un mondo parallelo, perché no anche fare la principessa), ma la mia risposta era:” Io voglio fare l’astronauta!” Sapete cosa mi veniva risposto?

qualità, troviamo pochissime donne sulle vette delle aziende?
Come vi dicevo prima, l’indifferenza e l’ignoranza sono armi affilatissime. È proprio per questo motivo che ho deciso di scrivere questo articolo. Voglio un mondo giusto; da grande se non arrivo sulle vette più alte e lo fa un uomo al posto mio, voglio poter dire che lo ha fatto perché è più creativo, più innovativo di me. A tutti i maschi (ma anche a tutte le femmine)che stanno leggendo dal loro cellulare o da qualsiasi altro dispositivo, siate femministi e non abbiate paura di etichettarvi come tali. Tutti noi, uomini e donne, dobbiamo risolvere un problema, dobbiamo fare di meglio. Tutti insieme.
Germana Vitale, V^E
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