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AFFAMATI DI SPRECHI

Alessandro Provenzano

Aggiornamento: 25 gen 2021


 

In Italia vi è un’importante cultura culinaria: abbiamo una vasta diversità a livello di alimenti regionali, guardiamo costantemente programmi di cucina, amiamo fotografare i nostri piatti, riconosciamo gli chef come celebrità, le nostre prelibatezze sono rinomate come patrimonio immateriale dell’umanità (la dieta mediterranea e pietanze come la pizza, sono annoverate nelle eccellenze da parte dell’Unesco). Nonostante divinizziamo il cibo, la verità è che ne sprechiamo una quantità enorme.

Infatti, lo spreco alimentare domestico di cibo ancora commestibile (non si computano, quindi, ossi, lische e bucce non edibili) corrisponde a 1,9 Kg a testa a settimana, in media. Moltiplicato per il numero di componenti della popolazione italiana, lo spreco alimentare domestico ammonta circa a 5,82 milioni di tonnellate nell'anno. Di questi 0,22 milioni di tonnellate vengono gettati da supermercati ed ipermercati, mentre 2,86 milioni di tonnellate è il dato inerente allo spreco alimentare domestico. Ciò pone la nostra attenzione sulla differenza nello spreco nel globo, poiché i dati dimostrano come nei paesi ricchi gli alimenti vengono sprecati, nella maggior parte dei casi, da noi consumatori; invece nei paesi più poveri, i cibi vengono gettati a causa delle inefficienti catene di produzione e dalle mancanze di tecniche conservative. Oltre ad essere una realtà deplorevole, tale fenomeno ha degli importanti impatti ambientali. Secondo la FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, le emissioni in questo ambito contribuiscono in maniera cruciale al cambiamento climatico; si stima essere circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2. Inoltre si verifica uno spreco di fonti di energie, come le fonti fossili, l’acqua ed il metano. Tale fenomeno però non si verifica solo in ambito ecologico, ma anche in ambito economico, infatti stando ai dati della Waste Resources Action Program (WRAP), ogni italiano sperpera circa €30 ogni mese, in totale circa 15 miliardi di euro annualmente, cifra paragonabile al 1% del PIL nazionale.

Il dato più influente è sicuramente quello emerso, sempre dal medesimo studio, che il 44% degli italiani non sono minimamente interessati o preoccupati da tale avvenimento sociale e morale. Allora toccherà a noi agire, attraverso soluzioni semplici e pratiche, come osservare le quantità degli acquisti e la loro data di scadenza, non essere eccessivamente schizzinosi riguardo lo spreco di cibo evitabile (cibo e bevande finiti in spazzatura ma ancora edibili, come pezzi di pane, mele, carne, ecc.), o magari favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari a fini di solidarietà sociale, destinandole in via prioritaria all'utilizzo umano. Questi comportamenti ci permetteranno di diminuire notevolmente l’impatto ambientale, rispettando gli alimenti, attribuendogli il giusto valore in un senso culturale ancor prima che economico. Bastano pochi atti per giungere ad un cambiamento sperato, ma affinché ciò accada noi stessi dobbiamo essere il cambiamento, partendo dall’evoluzione di noi stessi.


 

Alessandro Provenzano, V^L


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